Di seguito un articolo del Presidente nazionale Andrea Coffari una sentenza recente della Corte di Cassazione. Chissà quando l'adultocentrismo lascerà spazio ai bambini, chissà quando tutti passeranno la trincea schierandosi dalla parte dei bambini. Noi studiamo, lottiamo, lavoriamo per questo. Questo articolo ci faccia pensare!!!
Roberto Schifone
resp. reg. Puglia
Una recentissima Sentenza della Corte di Cassazione (n. 8809) ha accolto il ricorso di un padre separato di Catania, condannato in ben due precedenti gradi di giudizio a tre anni di reclusione per violenza sessuale nei confronti della figlia di sette anni, sull’assunto che “i bambini sono altamente malleabili e se interrogati con domande inducenti tendono a conformarsi alle aspettative del loro interlocutore”, questi principi erano stati già espressi con una sentenza relativa al noto caso di Rignano Flaminio.
La Corte di Cassazione non ha un orientamento univoco e stabile sulla valutazione della testimonianza dei bambini perché i reati a sfondo sessuale, consumatisi a danno dei bambini, rappresentano un fenomeno tutto sommato ancora nuovo per la nostra cultura giuridica.
Da una parte vi sono sentenze illuminate che chiaramente esprimono la capacità di comprendere a fondo e autenticamente i criteri di giudizio che è necessario applicare quando si tratta di valutare la testimonianza di un bambino, accanto a queste sentenze ve ne sono altre però che non possono che definirsi adultocentriche, finalizzate cioè a garantire l’adulto, aprioristicamente, dall’eventualità che questo possa essere accusato da un bambino vittima della sua violenza e perversione.
La sentenza n. 8809, così come quella di Rignano Flaminio, possono essere a tutti gli effetti annoverate fra le sentenze adultocentriche, ideologicamente cioè schierate dalla parte degli adulti, tali sentenze però soffrono di una debolezza strutturale, fondano cioè la loro interpretazione negazionista della testimonianza dei bambini su un sentimento di incredulità che rinuncia ad applicare con serenità criteri logici e scientifici.
Indipendentemente dal caso concreto che riguarda i fatti di Catania, che non intendo valutare non avendone gli strumenti per farlo, posso dire però che affermare genericamente che “i bambini sono malleabili se interrogati con domande inducenti in quanto questi tendono a conformarsi alle aspettative del loro interlocutore”, dimostra chiaramente come i giudici non conoscano il concetto di induzione che, secondo tutte le ricerche scientifiche svolte sulla memoria dei bambini, rappresenta una precisa tecnica manipolatoria che, avvalendosi di strategie intrusive e confusive della memoria dei bambini, ha dimostrato che solo il 25% di questi possono, se sottoposti pesantemente ad un processo induttivo, narrare episodi autobiografici in effetti mai verificatisi; le stesse ricerche ci dicono anche che nessun bambino, pur se pesantemente indotto, riferisce di episodi autobiografici che riguardano episodi altamente traumatizzanti relativi alla loro sfera intima se questi non si sono in effetti verificati.
Nessuna tecnica induttiva cioè può costringere a far raccontare ad un bambino un episodio traumatizzante come una violenza sessuale subita se questa non si è mai verificata e questo dato scientifico non è stato mai messo in discussione, vi è da aggiungere ancora che il concetto di domanda inducente è utilizzato in maniera impropria dalla Cassazione che confonde, pericolosamente, la domanda suggestiva con la tecnica manipolatoria cosiddetta induttiva, non dimostrando di conoscerne la profonda differenza.
E’ necessario che anche la comunità giuridica capisca l’arretratezza culturale che ha accumulato nei confronti della tutela dei bambini, l’interesse di tutti è quello di acquisire le migliori competenze per giudicare con serenità e sicurezza e non rischiare di condannare per la seconda volta bambini vittime della violenza, la prima volta, e di un adultocentrismo autoreferenziale la seconda volta.
Girolamo Andrea Coffari
Presidente del Movimento per l’Infanzia
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